L’Aceto Balsamico Tradizionale si produce nelle province di Modena e di Reggio Emilia, ed entrare in un’acetaia è un’esperienza esaltante per tutti e cinque i sensi. La vista è colpita dalle batterie che custodiscono questo bene prezioso, il tatto è sollecitato dai pregiati legni che le compongono, l’udito è deliziato dall’eco da essi generato e il gusto è in fremente attesa di essere soddisfatto. Ma è soprattutto l’olfatto ad essere protagonista: è impossibile non essere rapiti dal suo profumo inebriante.
Un prodotto tanto semplice quanto irripetibile, frutto di una lunga attesa e di una grande “sapienza” da parte dei produttori: basato sulla semplice fermentazione zuccherina ed acetica di mosto cotto ottenuto da uve rigorosamente locali, l’ Aceto Balsamico Tradizionale deve la sua unicità all’invecchiamento che si protrae per almeno dodici anni all’interno di batterie di botti di legni differenti.
Rovere, gelso, ciliegio, castagno e ginepro: ognuna di queste essenze conferisce qualcosa all’ Aceto Balsamico Tradizionale, andando a creare un bouquet di profumi e sapori che rende unico il prodotto finale. Poche gocce sono sufficienti ad esaltare ogni piatto, dalle insalate alle carni, dalle paste ripiene ai dolci, senza dimenticare l’abbinamento che è senza dubbio il più tipico di questo territorio: quello col formaggio Parmigiano-Reggiano.
Ma come e quando è nata questa delizia? Sulle sue origini resta fitto il mistero. Il primo documento che ne parla risale al 1046, ed è legato all’imperatore tedesco Enrico II: trovandosi in Italia per essere incoronato dal papa, chiese al marchese Bonifacio di Toscana –padre di Matilde di Canossa– di essere omaggiato dello speciale aceto che “aveva udito farsi colà perfettissimo”.
Un prodotto esclusivo ed ambito, elisir e balsamo medicamentoso, che nel corso dei secoli rimase appannaggio di re e aristocratici, in particolar modo dei duchi d’Este, signori del Ducato di Modena e Reggio Emilia. Il grande valore che esso acquisì è attestato anche da svariati contratti matrimoniali di gentildonne locali: era infatti buona norma arricchire la dote di queste fanciulle con batterie e vaselli di aceto balsamico pregiato. Più nobile di così!